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Furono centoventidue giorni di apocalisse, sulla terra. E le cronache tramandate di padre in figlio ne parlano ancora come una delle più grandi eruzioni mai registrate nell’era moderna. Quella del 1669, sul versante sud dell’Etna, rimane ancora oggi un grandioso evento naturale, devastante ma affascinante, pietra miliare nello studio della vulcanologia locale. Si era già entrati nei tempi moderni, l’illuminismo era agli albori, e con questa eruzione la natura volle ancora una volta ricordare all’uomo chi comanda. Oggi molto di quel che resta di quell’evento si può ammirare anche in pieno centro a Catania.

L’eruzione dei Monti Rossi del 1669

L’eruzione del 1669 non arrivò proprio a sorpresa, nel mese di marzo. L’Etna aveva già prodotto una eruzione distruttiva solo diciotto anni prima, coinvolgendo la città di Bronte che ancora a quell’epoca stava recuperando i danni. Ma se il versante ovest era sotto sorveglianza, pochi avrebbero puntato sul fianco sud che invece, proprio in quegli anni, si era trasformato.

I terremoti, a sciami, iniziarono a febbraio poco sopra Nicolosi e confermarono che qualcosa stava per accadere. Le prime fratture si aprirono l’8 marzo 1669, seguite da ulteriori bocche eruttive il giorno 11. Una bottoniera di crateri si formò in poco tempo sulla linea di fratturazione e iniziò l’emissione di lava, un fiume di fuoco che si divise in più bracci causando altrettante distruzioni nel territorio catanese. In pochi giorni furono coinvolti nell’eruzione: Nicolosi, l’antica Malpasso (oggi Belpasso), il borgo di Mompilieri, Mascalucia, l’abitato originale di Misterbianco, San Pietro Clarenza, Camporotondo. In aprile la lava raggiunse le mura medievali di Catania, sfondandole in alcuni punti e riversandosi in mare. Raggiunse il Castello Ursino, circondandolo e allontanandolo dal mare e creando una vasta porzione di nuovo territorio che in seguito avrebbe ospitato il centro storico catanese. In questa occasione vennero seppelliti il lago di Nicito e il fiume Amenano – quest’ultimo continuò quindi a scorrere sottoterra.

La grande eruzione si concluse tra luglio e agosto del 1669, con il raffreddamento dei fronti lavici e la degassazione finale del vulcano.

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dipinto dell’eruzione ad opera di Giacinto Platania (catt. di Catania)

Eruzione del 1669, i grandi cambiamenti del territorio

Questo importante evento eruttivo provocò importanti cambiamenti nel territorio del versante sud del vulcano. Come detto, scomparve lo storico lago di Nicito che si era formato in epoca Romana. E scomparve per qualche tempo anche il fiume Amenano che irrorava il perimetro urbano di Catania. Il fiume, in seguito, trovò un nuovo corso sotterraneo emergendo in superficie solo a ridosso della costa. Qui infatti sorge la Fontana dell’Amenano, oggi in piazza Duomo a Catania, alimentata proprio dalle acque sotterranee del torrente.

La lava che raggiunse il Castello Ursino, fino ad allora fortezza inattaccabile posta proprio sul mare, cambiò non solo le sorti dello stesso castello ma anche quelle di Catania. Che si ritrovò infatti con un nuovo vasto territorio da “colonizzare”, ingrandendosi ulteriormente. L’eruzione colmò i dislivelli tra le colline del versante sud, formando vere e proprie “pianure laviche”, come Piano Tavola che oggi ospita una frazione di Catania. A Mompilieri, la lava inghiottì – e paradossalmente salvò dal deterioramento del tempo – l’antichissima chiesa medievale, oggi divenuta Santuario. Mentre l’antica Misterbianco scomparve sotto un lago di fuoco. Rimase visibile solo il campanile della chiesa, crollato anni dopo, nella zona detta appunto “Campanarazzu”.

I luoghi dell’eruzione del 1669

I crateri che tanta devastazione causarono nel 1669 sono diventati, nel tempo, un parco suburbano all’interno del comune di Nicolosi. Interamente ricoperti di alberi di pino, sono oggi un percorso naturalistico e sportivo chiamato “Pineta di Nicolosi” che si può visitare e vivere pienamente.

Si può visitare una parte della chiesa medievale di Mompilieri scendendo dieci metri sotto il suolo del nuovo santuario e ritrovando quella porzione di ambiente antico coperta, e salvata, dalla lava. La vecchia contrada Campanarazzu a Misterbianco è oggi una ex cava di pietra. Si può visitare per andare a riscoprire la vecchia chiesa seicentesca riemersa di recente proprio da sotto la roccia e quasi del tutto integra!

Passeggiando per il centro storico di Catania si nota esattamente il percorso della lava. Le vie Vittorio Emanuele e Garibaldi, che sboccano in Piazza Duomo, hanno la pendenza data dal fiume di lava quando si riversò sul mare.  Se camminerete tra la Pescheria e il Castello Ursino sappiate che state camminando proprio sull’eruzione del 1669! E affacciandovi sul fossato del castello potrete vedere con i vostri occhi il dislivello formato dalle rocce di lava che vi si riversarono.

Per ammirare queste località prendete come punto di riferimento Catania (il suo aeroporto e la stazione centrale). Da qui potrete muovervi in città e verso tutto il fianco sud del vulcano tramite i bus locali e i servizi transfer dei tour operator.


Autore: Grazia Musumeci