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Il territorio dell’Etna nel corso dei secoli ha purtroppo perduto quasi ogni traccia della dominazione araba. Un periodo storico non lunghissimo (durò circa due secoli) ma che lasciò in buona parte della Sicilia meravigliose opere d’arte e di ingegneria. Queste opere si vedono ancora nella Sicilia occidentale, ma qui sulla costa est – a causa di invasioni, terremoti ed eruzioni – molto si è perso. Più aperta verso l’Europa, la Sicilia orientale ha dimenticato “volentieri” il proprio passato arabo. Ma qualcosa rimane ed è arrivata ad oggi. Come la ricetta del pane arabo. E i modi in cui si consuma.

pane arabo 2Pane arabo e non solo

Se andate al parco pubblico di Acireale, la famosa Villa Belvedere affacciata sulla costa ionica, troverete in un angolo, tra palme e cespugli, una spettacolare costruzione araba. Si tratta del Cine-Teatro Arena Eden. Nonostante lo stile meravigliosamente orientale, questa costruzione risale al XX secolo, a quegli anni Venti ricchi di nostalgie arabe. Questo è uno dei pochi esempi che ricorda le antichissime tracce della dominazione islamica in questa parte di Sicilia, ma non è autentica.

Qualche traccia araba vera si trova invece nel siracusano, nella zona tra Noto e Ragusa e nell’ennese. Si tratta per lo più di sepolture islamiche e di cocci di ceramiche. L’eredità più ricca degli arabi per la Sicilia orientale è sicuramente la lingua. Quei tanti termini che si usano ancora ai piedi dell’Etna e che derivano dal nord Africa. Qualche esempio:  “mischinu” -dall’arabo “miskin”- significa “povero”; “taliari” viene dall’arabo “talaya” cioè guardare. Ma anche il nome storico dell’Etna, Mongibello, viene dall’arabo “jebel” (montagna). E sono tanti i cognomi della gente dell’Etna che richiamano la lingua araba: Vadalà, Fragalà, Alì, Musumeci. Sono arabe anche molte ricette della cucina etnea.

Ricetta del pane arabo

Gli ingredienti per preparare un buon pane arabo vi serviranno:


Autore: Grazia Musumeci