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Quella del 1971 non fu solo una eruzione ma un pezzo di inferno abbattutosi sull’Etna. E allo stesso tempo uno spettacolo incredibile della natura. In un’epoca in cui ancora non si parlava di misure di sicurezza, molte persone poterono ammirare la lava da  vicino, scattando foto e addirittura “pescando” alcuni brandelli di roccia fusa per farne souvenir. Fu anche una delle eruzioni più lunghe del secolo, con una durata di più di due mesi e arrivò a minacciare da vicino alcuni centri abitati.

Una grande eruzione in due fasi

Il 5 aprile 1971, al termine di una serie di eventi sismici, la sommità del vulcano si spaccò in più punti a quota 3050 metri. Si aprirono diverse bocche – almeno tre in forma di frattura e numerosi hornitos – generando una serie di copiose colate laviche. Una sfiorò Monte Frumento Supino, le altre cancellarono il luogo allora noto come Pian del Lago.

Verso la metà del mese un’altra serie di fratture generò la lava che andò a distruggere l’Osservatorio, la Torre del Filosofo e diresse poi verso Rifugio Sapienza, fermandosi per fortuna a pochi metri dalla struttura. Il 7 maggio sembrava che tutto si fosse calmato, ma pochi giorni dopo altre fratture si aprirono a quote più basse (tra 2900 e 2600 metri) spostate sul fianco nord-est dell’Etna. Iniziava la più preoccupante “fase 2”.

L’eruzione verso Fornazzo

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photo Le Guern-dal libro ETNA (1977)

Si aprono improvvisamente bocche e fratture a Serra delle Concazze (versante nord-ovest della Valle del Bove) e molto più in basso,  a est,  vicino al Rifugio Citelli. Siamo ormai a ridosso dei centri abitati e i quattro bracci di lava molto fluida che da qui fuoriescono si raggruppano più a valle in una colata dal fronte largo 11 metri. Come se non bastasse, si apre una ennesima bocca 100 metri più in basso ed erutta altra lava.

I fiumi di fuoco raggiungono la strada di Fornazzo, travolgono una piccola cappella di campagna, proseguono verso il paese di Sant’Alfio. Per fortuna, però, la conformazione del terreno spinge la lava verso un canalone situato tra Fornazzo e Sant’Alfio. I paesi vengono risparmiati, ma andranno in fumo campi, boschi e vigneti. La spinta eruttiva si esaurisce verso il 10 giugno e si conclude il 12, senza aver causato distruzione agli abitati. La lava ha percorso in tutto 7 chilometri e mezzo.

Il Cratere di Sud Est

Mentre tutti sono concentrati sulle colate laviche e sul corso dell’eruzione che punta verso valle, in cima all’Etna avviene un fenomeno di cui ci si accorgerà alcune settimane dopo. Il terreno alla base del Cratere Centrale collassa formando una voragine. Dalla spaccatura che si crea vengono emesse fontane di lava che formeranno un piccolo cono. Soltanto qualche anno dopo quel “piccolo cono” sarebbe divenuto il gigantesco Cratere di Sud Est, oggi superato dalla sua appendice Nuovo Cratere di Sud Est.

La gente e la lava

L’eruzione del 1971 fu una delle più vissute e raccontate in assoluto. La lentezza con cui la lava discese verso strade e paesi consentì a folle di persone – abitanti locali e turisti – di avvicinarsi al fronte lavico. Con solo pochi poliziotti a mantenere l’ordine, in tanti scattarono foto ricordo davanti al fiume lavico, ammirarono lo spettacolo terribile della natura e il lavoro degli artigiani.

Alcuni scultori, infatti, pescavano la roccia fusa con dei lunghi bastoni e lavoravano la lava sul posto, protetti da tute ignifughe, davanti agli occhi ammirati di centinaia di curiosi. Quei coraggiosi artisti produssero così “in diretta” posacenere e oggetti in lava autentica che fecero la gioia dei turisti. (la foto nell’articolo è tratta dal libro ETNA – di Orazio e Antonio Nicoloso, Haroun Tazieff, ediz Plurigraf 1977; la foto sopra il titolo è di G.Musumeci)


Autore: Grazia Musumeci