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C’era una volta Rifugio Menza … una piccola baita alpina nella “pancia” di un vulcano attivo. Una fiaba terminata sotto metri e metri di lava, che ha portato con sé ricordi di un’epoca. Perché un tempo l’Etna non era come lo conosciamo oggi. Era sempre attivo, sempre vivo, ma con modalità differenti. Le eruzioni capitavano una volta ogni “tot” anni e duravano a lungo, anche mesi a volte. Per poi spegnersi e tornare in una quiete apparente. Oggi il vulcano è una furia! Erutta costantemente, con fontane di lava, boati, cenere e lapilli. Poca lava ma tanto spettacolo. Infatti è sempre un rischio andare in escursione nella Valle del Bove. Ma non sempre è stato così.

Ai tempi di Gino Menza

Le escursioni sul vulcano iniziano con la istituzione del Club Alpino Italiano dell’Etna, nel 1875. Appena istituito il CAI affronta due eruzioni in pochi anni, apportando aiuto in caso di bisogno ed esperienza nell’ambito delle varie emergenze. Molti si avvicinano al mondo dell’escursionismo e si appassionano all’esplorazione dell’Etna. Nel primo Novecento sono decine i giovani, anche studenti universitari e liceali, che seguono le guide alla scoperta del vulcano.

Dal XIX secolo in poi, pochissime eruzioni avevano interessato la Valle del Bove e in ogni caso la lava che vi si riversava non si era mai spinta in fondo. Dunque la grande depressione si era riempita di fitta vegetazione e di sentieri. Era divenuta un luogo di svago all’ombra degli unici due crateri sommitali di allora (il Centrale e il Nord Est, quest’ultimo formatosi nel 1911).  I più giovani utilizzavano quelle località per darsi alla vita sana e allo sport.

Tra questi Gino Menza che era appassionato di arrampicata. Mentre affrontava in cordata la risalita del canalone ghiacciato di Serra del Salfizio, ai piedi di Monte Pomiciaro, il 18 gennaio 1925 Gino Menza scivolò e precipitò al suolo, tra le durissime rocce laviche che non gli lasciano scampo. Nell’immediato gli venne dedicata una croce e qualche anno più tardi un intero rifugio costruito in meno di sei mesi!

Ci vediamo al rifugio Menza

Rifugio Menza sorse sui terreni dell’Arcivescovo di Catania che, nel 1933, ne donò una parte al CAI a patto che vi edificassero anche una cappella.  In cinque mesi, non lontano dal punto in cui Gino Menza era precipitato, fu elevato il rifugio che avrebbe portato il suo nome. Fu inaugurato in dicembre alla presenza di molti amici del giovane escursionista sfortunato e da allora sarebbe divenuto, per anni, un punto di riferimento per campeggi ed escursioni.

rifugio menza 2
foto G.Musumeci

Situato vicino le sorgenti d’acqua dolce di Serra del Salfizio, il Rifugio Menza era formato da due piani, con due camerette da 4 posti letto ciascuna e da due dormitori con diverse file di letti per un totale di 52 posti. Sempre rifornito di viveri e di attrezzi per alimentare il fuoco o per il pronto soccorso, era un porto sicuro per chi affrontava i chilometri di marcia in Valle del Bove. “Ci vediamo al Rifugio Menza” era una frase rituale e intorno al fuoco, tra quei letti, tante storie di amicizia e avventura si sono intrecciate per decenni.

L’eruzione che cancellò il rifugio

Tra il dicembre 1991 e il marzo 1993 l’Etna produsse una delle eruzioni più lunghe e complesse della storia moderna. Le fratture apertesi alla base del Cratere di Sud Est, in Valle del Bove, eruttarono lava per quasi due anni invadendo buona parte della vallata desertica e bruciando chilometri di vegetazione. Incanalatosi fin dentro la vicina Val Calanna, il fiume di fuoco inarrestabile puntava dritto verso il paese di Zafferana Etnea. Si decise quindi di intervenire favorendo una deviazione con mezzi umani.

Tra maggio e giugno 1992, le operazioni militari atte a deviare la lava – anche con costruzione di dighe e con esplosivi – indirizzarono il fuoco verso il rifugio Menza. La piccola baita venne inghiottita in poco tempo da più di 30 metri di lava e si frantumò lentamente sotto gli occhi di decine di curiosi (nella foto sopra il titolo, tratta dal blog francescoleonardi.it ).

Nonostante oggi il rifugio sia sommerso per sempre, gli escursionisti si recano ancora in “pellegrinaggio” in quel punto. Per raccontarne la storia ad amici e forestieri. O solo per rendere omaggio a una località che ha fatto la storia del turismo sull’Etna per molto tempo.

Il rifugio oggi

Il rifugio naturalmente non esiste più, ma si può ancora camminare sul posto in cui sorgeva. Saprete di averlo decine di metri sotto i piedi, ma potrete comunque seguire i sentieri che seguì, all’epoca, anche Gino Menza. Affidatevi sempre alle guide dell’Etna, che sanno quali vie percorrere dentro Valle del Bove per camminare in sicurezza. Oggi non è sempre consigliato andare in Valle del Bove perché le eruzioni improvvise dell’Etna lasciano poco tempo per sfuggire a una nube di cenere, o peggio a una colata piroclastica! Dunque seguite i consigli di chi conosce il vulcano meglio di voi … e se per una volta l’escursione sarà annullata, saprete comunque che non si poteva fare altrimenti.


Autore: Grazia Musumeci