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Campanarazzu è la terza tappa del nostro percorso tra le chiese sepolte sotto la lava dell’Etna. Stavolta andiamo a Misterbianco, a sud-ovest di Catania e sembra strano perché il vulcano appare lontano, da qui. Invece l’Etna ha lasciato la sua pesante impronta anche in questa zona, con una eruzione laterale scaturita nel 1669 dai crateri dei Montirossi, sul fianco meridionale.

Quella dei Montirossi non fu una eruzione qualsiasi, ma una delle più importanti della storia della Sicilia orientale. Come abbiamo già visto per il santuario di Mompileri, la lava emessa da questi crateri devastò paesi e campagne e raggiunse Catania, tagliando a metà quello che era allora il suo abitato. In questo viaggio lungo quasi quattro mesi (dall’8 marzo all’11 luglio) il fronte lavico gigantesco travolse e cancellò centinaia di edifici. Tra essi il Monasterium Album.

Il Campanarazzu sepolto dalla lava

Misterbianco deve il suo nome a Monasterium Album, ovvero “il monastero bianco”. Questo imponente convento, dalle mura candide, spiccava sul territorio e attirava a sé cittadini in cerca di riparo e protezione. Intorno al monastero sorse il paese e la chiesa stessa del convento era divenuta la chiesa madre della comunità.

La lava dell’eruzione del 1669 avvolse il piccolo centro in un abbraccio di fuoco, chiudendosi sopra le case e cancellando tutto. Rimase soltanto il campanile della chiesa, che emergeva semi diroccato dalle rocce, una volta che la lava si fu spenta. Il paese, intanto, era stato ricostruito più a valle, più vicino a Catania. La zona dell’antico centro veniva indicata come “Campanarazzu” (il brutto campanile) campanarazzu misterbianco 2proprio per via delle rovine della torre.

La riscoperta miracolosa

Trent’anni dopo quella devastante eruzione, un terremoto ancora più potente fece crollare il campanile che emergeva dalle rocce laviche. Scomparso pure quel simbolo, la gente dimenticò per sempre l’esistenza di un luogo chiamato “Campanarazzu”. Bisognerà attendere il XX secolo per riscoprire la chiesa sepolta.

Sull’antico luogo dell’eruzione era sorta una cava di pietra che lavorava per rifornire i paesi vicini del basalto con cui si costruiscono le strade e le fondamenta delle case. Durante uno dei tanti scavi venne alla luce il tetto di una abitazione in ottimo stato. I lavori della cava si fermarono e intervenne la Soprintendenza dei Beni Culturali. Il sospetto era che quel tetto fosse la copertura della antica chiesa.

I lavori di scavo furono quindi portati avanti, con la massima attenzione, da esperti archeologi. E in effetti, sotto un muraglione di 15 metri di lava, si conservava – miracolosamente intatta – la chiesa del primo nucleo abitato di Misterbianco. L’enorme fiume di fuoco, nel 1669, aveva sfondato una parete e si era infiltrato nelle fondamenta. Di fatto, quindi, la chiesa era stata sollevata e spostata di pochi metri … ma non era andata distrutta.

Il Campanarazzu oggi

Man mano che la lava si raffreddava si solidificava all’esterno e creava bolle d’aria internamente. In questo modo, paradossalmente, invece di cancellare la chiesa l’aveva protetta contro gli agenti atmosferici esterni. L’aveva conservata perfettamente. Al di là della parete distrutta, restano integri e visibili: il pavimento, gli altari laterali, il transetto e l’abside.

Sono stati recuperati anche dei resti di oggetti sacri. Pochi purtroppo, perché tanti altri erano stati depredati da ladri che avevano scoperto il sito molti anni prima! Oggi è possibile visitare la chiesa del Campanarazzu su prenotazione, chiamando l’associazione che si occupa della sua custodia (link alla pagina Facenbook qui). Dentro la chiesa è vietato fare fotografie, ma si può immortalare l’esterno. E fa davvero impressione vedere la montagna di roccia da sotto la quale l’edificio sbuca timidamente. Lascia appena intuire la potenza del vulcano contro le piccole opere umane.

Per arrivare al Campanarazzu

Misterbianco è collegata direttamente sia a Catania che al suo aeroporto dalla strada tangenziale. Una volta arrivati al centro del paese, basterà chiedere informazioni o impostare il navigatore sulla contrada Campanarazzu o su Via Campanarazzu. (foto di Grazia Musumeci)


Autore: Grazia Musumeci