Giuseppe Sciuti viene ancora oggi considerato il “miglior pittore freschista siciliano” del XIX secolo. E deve questa sua fama e la sua intera carriera proprio all’Etna, vulcano sul quale era nato e dove ha vissuto fino ai 20 anni. La sua storia è una delle tante che dimostrano come l’Etna, nel bene o nel male, condizioni la vita di chi abita le sue pendici. E non può essere separato dal destino della sua gente. Nel caso di Sciuti, la “fortuna nella sfortuna” comincia nel 1852.
Vita di un pittore di provincia
Giuseppe Sciuti era nato a Zafferana Etnea nel 1834. Il padre era il farmacista del posto, mentre la madre era una nobile di Acireale. I genitori possedevano grandi vigneti poco sopra il paese, dai quali proveniva buona parte del reddito familiare.
Il giovane Giuseppe era bravissimo nel disegno e il padre gli permise di seguire delle lezioni presso un decoratore locale. Data la genialità del ragazzo, il maestro gli suggeriva di trasferirsi a Roma o a Firenze per frequentare accademie importanti, ma la famiglia lo voleva avviare invece agli affari per sostenere i proventi delle terre. In ogni caso, non poteva permettersi una lunga permanenza al nord e dunque era avviato a rimanere un pittore di provincia, oppure a diventare un imprenditore con la passione della pittura.
L’eruzione del 1852
Nella notte del 20 agosto del 1852, senza alcun segno premonitore si aprirono diverse fratture dentro la Valle del Bove, all’altezza di Serra Gianicola. La lava fuoriuscì fluidissima e iniziò una inesorabile discesa veloce verso valle. Arrivata poco sopra Milo, il fiume di fuoco si divise in tre bracci, uno dei quali si incanalò in una stretta gola accelerando il cammino verso Zafferana Etnea.
All’alba del giorno 23 due bracci erano pressoché fermi mentre il terzo trovò la via verso l’abitato puntando su contrada Ballo. Lungo il cammino la lava incendiò boschi e campi, mentre le emissioni di cenere bruciarono tutti i raccolti. L’eruzione ebbe termine soltanto nel maggio dell’anno seguente, alternando periodi di intensa attività e periodi di calma. Di fatto, i paesi di Milo e Zafferana vennero in parte distrutti dalle colate e le molte proprietà terriere furono sepolte.
Tra le terre cancellate per sempre dalla lava c’erano anche i vigneti degli Sciuti.
L’eruzione che cambia la vita
Grazie al lavoro di farmacista del padre e alle rendite nobiliari della madre, la famiglia di Giuseppe Sciuti non cadde in totale miseria, ma con i vigneti perse del tutto un reddito importante e la possibilità di mantenere il figlio agli studi svanì definitivamente. Svanì però anche l’occasione di diventare imprenditore agricolo e quindi Giuseppe trovò un lavoro presso lo studio artistico di Giuseppe Spina di Acireale.
Inizialmente era un semplice decoratore e assistente del maestro, ma data l’innata bravura gli vennero affidati fin da subito dei lavori importanti presso chiese e palazzi della stessa Acireale e di Catania. Proprio per i meriti ottenuti nella grande città, il Comune di Catania decise di pagargli una borsa di studio per diplomarsi all’accademia d’arte e il giovane artista partì per Roma. Da allora avrà l’occasione di studiare e lavorare in città come Firenze, Napoli, Sassari ma anche Lugano, in Svizzera, e perfino a Londra.
Il ritorno e la fama
Giuseppe Sciuti, divenuto ormai maestro di pittura e professore d’accademia, torna in Sicilia nel 1896. Ha più di sessant’anni e gli vengono commissionati lavori di grande prestigio a Catania (Basilica Collegiata), Acireale (Cattedrale, Palazzo Calanna, Palazzo Baroni Floristella) e nella sua Zafferana. La particolarità della pittura di Sciuti è l’impressionante realismo e anche la capacità di dipingere grandi tele – coprendo facciate, volte e pareti – pur essendo egli di statura bassa!
Tra i suoi lavori più importanti: L’Eruzione del 1852, La Madonna dei Bambini, Il Benessere e le Arti, Ruggero I esce da Palazzo Reale, Trionfo dei Catanesi sui Libici, numerosi affreschi a tema religioso, affreschi a tema mitologico e allegorico, quadri e ritratti di gente del popolo. La sua arte era talmente emozionante che, durante una mostra del 1888 a Londra, un ricco colonnello dell’esercito inglese volle comprare in blocco tutti i suoi lavori.
Pur tornando spesso in Sicilia e soggiornando a Zafferana e Acireale per diversi anni, la sua casa e la sua famiglia erano ormai a Roma. Nel 1857 aveva sposato Antonietta Anna Torrisi, dalla quale aveva avuto due figli: Eugenio nato nel 1860 e, nel 1862, la figlia Caterina che sarebbe diventata pittrice anche lei. Sciuti morì a Roma nel 1911, salutato da attestati di stima e onori da parte di molti colleghi e personalità di spicco del tempo.
Il dipinto è: G. Sciuti, Eruzione dell’Etna del 1852, olio su tela, 1852-54, Catania, Museo Interdisciplinare Regionale.jpg